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sabato 13 febbraio 2010

Bonus vacanze? Un palliativo



Dal 20 gennaio 2010 è attiva in tutto il territorio nazionale la procedura per la presentazione delle domande per usufruire dei “buoni vacanze” con scadenza 30 giugno 2010.

L’avvio del sistema buoni vacanze, previsto dal decreto dell’ottobre 2008 di attuazione della legge quadro sul turismo, la n. 135 del 2005, permetterà ai cittadini italiani, con redditi bassi, di poter fare alcuni giorni di vacanza nei periodi di bassa stagione.
Sostanzialmente si tratta di un contributo medio da 100 euro (esempio: persona singola con reddito da 15 mila a 20 mila euro) a 550 euro (esempio: nucleo familiare di 4 componenti con reddito da 0 a 25 mila euro).

Il buono vacanza è un titolo di pagamento spendibile nelle aziende turistiche o di servizio, la domanda va presentata presso uno degli sportelli delle banche indicate nel sito: www.buonivacanze.it, nel quale gli interessanti potranno anche leggere l’informazione completa su tutto il percorso dei buoni vacanze.

Ci sono forti limiti a questo sistema.

La vicenda dei buoni vacanze può diventare una negativa esperienza come quella della social card, che ha dato una modesta risposta economica a solo 600 mila persone su circa 4 milioni aventi diritto.
Con l’esiguo finanziamento di cinque milioni di euro, questo governo “accontenterà” un limitato numero di persone e di famiglie. Sulla base delle dichiarazioni dei redditi (anno 2008) da lavoro dipendente e da
pensione, si possono stimare in 20 milioni le persone (circa 7 milioni di famiglie) che hanno (avrebbero) diritto ai buoni vacanze.

Se la disponibilità del governo si fermerà ai cinque milioni di euro, le persone che andranno in vacanza con il contributo saranno, numericamente, come i pochissimi fortunati vincitori delle lotterie.
Inoltre, non può passare inosservata l’evidente discriminazione nei confronti dei cittadini provenienti da altri paesi, esclusi dall’opportunità di chiedere i buoni vacanze, anche se regolarmente residenti in Italia, in regola con il permesso di soggiorno, che lavorano e versano contributi e fisco alle casse dello stato
italiano.

Soprattutto.... in tempo di crisi siamo sicuri sia lo strumento più adatto per risollevare l'economia o è più un palliativo?



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